Margherita: la vita

Margherita e il miracolo di Sant’Antonio

Margherita, nata ad Afragola il 24 agosto del 1924, era figlia di Nicola Candia e Maria Ciaramella. Crebbe in una famiglia profondamente cristiana, i genitori, infatti, erano entrambi Terziari francescani (il padre fu anche ministro della fraternità locale). 

All’età di otto mesi la piccola fu colpita da una grave dissenteria e rimase bloccata nello sviluppo dei movimenti. In seguito, si ammalò per tre volte di bronco-polmonite e si ridusse in fin di vita. Il padre Nicola chiamò quattro medici e tutti non gli lasciarono speranze di guarigione. L’uomo, molto devoto, si unì in preghiera insieme alla moglie e ricorse, con fiducia, all’intercessione di Sant’Antonio di Padova, venerato nel Santuario di Afragola, promettendo, come voto, di donare il “pane” a tutti i poveri della cittadina, era fine novembre del 1925. Inspiegabilmente, al suono delle campane del mezzogiorno successivo, Margherita si alzò dalla culla e chiamò il padre che, accorso vicino il lettino, iniziò a baciarla e fu preso da una indescrivibile emozione quando si accorse che la fronte della figlia era bagnata di sudore, che, continuando ad uscire da tutto il corpo, la stava liberando da bronco-polmonite, febbre e da mali precedenti. Margherita era guarita.

Margherita viene presentata a papa Pio XI

All’età di quattro anni la piccola del “miracolo” fu portata a Roma per una particolare udienza con il Papa. In quella occasione sua santità Pio XI, incuriosito dalla presenza della bambina, cosa inusuale per l’epoca, si intrattenne a parlarci e benedicendola disse: “va a mangiare i tuoi buoni maccheroni e fatti Santa”.

Le scuole ad Afragola e Vico Equense

Dopo aver trascorso serenamente i primi anni di vita frequentò le elementari, ad Afragola, presso la scuola gestita dalle Suore Compassioniste Serve di Maria in piazza Castello. In quegli anni si impegnò ad amare Dio e il prossimo, vivendo continui atti di carità, e si lasciò plasmare dal carisma lasciato dalla fondatrice: la Beata Maria Maddalena Starace. Un giorno di maggio del 1933 si accostò, finalmente, alla mensa Eucaristica per la prima volta, presso la Cappella dell’Addolorata del medesimo Istituto di piazza Castello. I familiari, poi, l’indirizzarono all’Istituto Villari di Napoli ma la ragazza, per assenze e poca voglia di studiare, fu bocciata. Quando ebbe l’età di tredici anni, decisero, quindi, di affidarla alle cure delle Suore dell’Immacolata d’Ivrea, che gestivano l’Istituto SS. Trinità e Paradiso di Vico Equense, con annessa scuola Magistrale.

Margherita vuole essere Terziaria e seguire San Francesco

Desiderava imitare l’esempio dei genitori e seguire l’ideale francescano. La mamma, tuttavia, ritenendo non potesse partecipare con frequenza alle adunanze del sodalizio, preferì che s’iscrivesse all’Azione Cattolica Femminile del collegio. La sua vita non si espresse in doni straordinari, fu esempio di ubbidienza e sacrificio, ed era dotata di squisita sensibilità e delicata comprensione.

Il sacrificio della giovane Margherita Candia

Nei primi mesi del 1942, con le altre educande e le suore, si recò presso un ospedale militare. Sconvolta dall’aver visto e conosciuto un ufficiale che, in guerra, aveva perso braccia e gambe, iniziò a meditare sulla sofferenza. In quei giorni la sentirono affermare: “se il Signore mi dicesse che farebbe finire la guerra ora e tornare la pace nelle famiglie, a condizione che io morissi, risponderei eccomi qui, sono pronta, prendimi anche in questo istante!”. Tornata a casa, nel giorno di Pasqua (5 aprile), “profetizzò” al padre: “non sarebbe bello morire nel mese di maggio, mese dedicato alla Madonna, mese dei fiori, in una festività della Madonna? Sarei felice di essere messa in una serra di fiori!“. Il 10 maggio del 1942 si recò in pellegrinaggio a Pompei e dinanzi la venerata immagine della Vergine del Rosario si offrì, pubblicamente, per la fine della Guerra.

Il 22 maggio mentre era nel cortile dell’Istituto, per l’ora di svago, interruppe la lettura e dopo due forti colpi di tosse ebbe dei piccoli sbocchi di sangue. Margherita era gioiosa, consapevole che la sua richiesta era stata accolta. Il 25 maggio le sue condizioni di salute si aggravarono. Raggiunta dalla mamma le riferì che aveva promesso a Gesù Crocifisso altre tre ore di sofferenza in ricordo delle ore di agonia che ebbe sulla Croce. Aggiunse: “Mammina tu sarai sola a soffrire, mentre tante mamme godranno”. Trascorse queste ultime ore pregando, con lo sguardo rivolto al Crocifisso e alla Madonnina di Lourdes che aveva al suo capezzale, e affidandosi al Taumaturgo di Afragola che l’aveva protetta fin da piccola. Prima di addormentarsi nel bacio del Signore per tre volte aveva invocato: “Regina Pacis ora pro nobis”. La giovane, che non aveva ancora compiuto i diciotto anni, lasciava il mondo con il volto roseo e sorridente, velato da un pallido candore, e il corpo emanava un sottile odore di fiori. Erano le ore 23.00 del lunedì di Pentecoste, vigilia della festa patronale della Madonna della Chieia. Ai suoi funerali partecipò tutta la cittadina di Vico Equense che la pianse come martire di carità.

Le Suore d’Ivrea, contrariamente a quanto chiesto dalla giovane prima di morire, non vollero separarsi da lei e ottennero che i suoi piccoli e fragili resti riposassero, tra le altre consorelle, nel cimitero di Vico Equense.

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